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Strettoia di San Michele, il Tar: la villa si può abbattere PDF Stampa E-mail
Martedì 30 Aprile 2013 17:24
Si ribalta la situazione della strettoia di San Michele. Come noto, durante l’amministrazione Campodonico, si era conclusa una conferenza dei servizi che approvava il progetto di abbattimento della villa al numero 68 di via San Michele di Pagana, quella appena precedente la strettoia
, prevedendo la ricostruzione più a monte senza differenze volumetriche, cedendo al comune l’area per allargare la strada e fare un marciapiede. Questo progetto, criticato sia da Armando Ezio Capurro sia dall’allora assessore regionale Marilyn Fusco, era stato bloccato dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici, ovvero l’organo locale del Ministero, che avocava a sé la competenza sul procedimento e revocava il parere favorevole espresso dalla Sovrintendenza. Dopo l’udienza del 18 aprile scorso, però, oggi il Tar ha emanato due sentenze che accolgono gli altrettanti ricorsi presentati dalla società Borgo Pomaro, difesa dall’avvocato Piergiorgio Alberti, e da una privata, comproprietaria, difesa da Simone Porcu. Il Tar ha accolto i due ricorsi e annulla, pertanto, il provvedimento del Ministero. A questo punto, la villa può essere nuovamente abbattuta e ricostruita più a monte, con buona pace di chi criticava sostenendo che non si tratta dell’opera effettivamente decisiva per risolvere il problema della strettoia. Certo, tutto può andare per le lunghe, in caso di ulteriore ricorso al Consiglio di Stato da parte di un ministero già obbligato, però, a questo punto, a versare 5mila euro di spese per questa causa. Il Tar, comunque, è molto tranciante nella sentenza odierna. Da una parte, la corte presieduta dal giudice Santo Balba evidenzia la mancata emissione di una comunicazione che sarebbe stata dovuta, ma, dall’altra, entra anche nel merito del giudizio sull’interesse storico – artistico con cui il ministero bloccava tutto. “E’ generico, non indicano gli elementi architettonici di particolare pregio” dice la sentenza, aggiungendo che, comunque, “ la Soprintendenza, organo parimenti tecnicamente qualificato, aveva invece sottolineato lo scarso interesse culturale dell’immobile”.
 

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